L'ULTIMO LAVORO all'estero

Adana, Turchia – Progettazione autostrada - 10/’88 - 5/’91

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Ho sempre pensato che non bisogna idealizzare troppo la vita passata nei cantieri esteri, di cui spesso tendiamo a dimenticare tutte le problematiche insite in queste strutture.

Gli eventi più rilevanti del nostro passato, sia quelli positivi sia quelli negativi, dobbiamo possibilmente cercare di averli chiari nella mente, poiché devono servirci per poter vivere adeguatamente e coerentemente il presente. Non dimenticandoci, poi, che ogni stagione ha i suoi frutti.

Pertanto, fanno molto bene gruppi come il nostro “Gente dei cantieri italiani nel mondo”, che permettono di documentarci, socializzare, ricordare e scambiare esperienze anche straordinarie; però, al di là di una normale e umana nostalgia, dobbiamo sforzarci di vedere le cose nella loro effettiva realtà.

 

Anche questa volta voglio dare il mio contributo, seppur modesto, alla realizzazione di questo decimo eBook, scavando nel passato di quella esperienza estera, conclusasi nel lontano 1991, dopo undici anni di lavoro in tre continenti, per trovare qualche ricordo, anche piccolo, meritevole di essere descritto in questo libro. Ricordi più ampli li ho raccontati nei precedenti volumi.

 

 

Adana, Turchia – Progettazione autostrada - 10/’88 - 5/’91

 

Nel 1987, dopo quasi nove anni di cantieri esteri, avevo deciso di chiudere definitivamente con quel mondo che mi era ormai diventato quasi estraneo per varie motivazioni, tra cui quella di voler evitare che, col passare degli anni, sopraggiungesse la difficoltà materiale e psicologica di reinserirmi nel mondo del lavoro e della vita in Italia. Infatti, più si rimane in cantiere e più la spirale dell’alienazione aumenta. Di questi casi, anche di amici, ne ho conosciuti parecchi.

Rientrato in Italia ho quasi immediatamente ripreso il lavoro di consulente di organizzazione.

L’anno successivo, però, l’opportunità di poter lavorare ancora tre/quattro anni all'estero, non più con una impresa di costruzioni, ma con una primaria società di ingegneria, dove avevo alcune conoscenze maturate in ambito lavorativo, mi ha lusingato ed anche un poco entusiasmato.

Detto, fatto!

 

 

Nel giro di pochi giorni, in un tardo pomeriggio festivo di inizio ottobre sono arrivato ad Adana, città molto bella della Turchia sud-centro-orientale, con oltre un milione e mezzo di abitanti, capitale della Çukurova, la romana Cilicia.

Ad attendermi in aeroporto ci sono due impiegati del Consorzio. Attraversiamo in auto la città per arrivare alla guest-house dove sono alloggiato.

Il mio incarico è quello di responsabile amministrativo, personale e servizi generali.

 

Oggetto del contratto che il Consorzio deve realizzare è la progettazione esecutiva in corso d’opera di un tratto autostradale di 258 km di lunghezza complessiva, ai quali vanno aggiunti 42,4 km di raccordi. Il progetto presenta diciassette svincoli, sedici dei quali con barriere di riscossione a pedaggio, ventitré cavalcavia per linee ferroviarie e acquedotti, oltre a quattordici viadotti per una lunghezza totale di 5.310 m.

 

Lunedì, primo giorno di lavoro: visite in tutti gli uffici, presentazioni, riunioni. Dopo le visite, insieme a due responsabili di settore, ci riuniamo nella stanza del p.m. (project manager), il quale evidenzia le problematiche rilevate: insufficiente organizzazione a livello di struttura, di uffici e di personale, oltre a carente efficienza gestionale e funzionale delle guest-house, dove sono alloggiati tutti gli espatriati. Prendo nota, faccio domande. Ci ragioniamo su a lungo, concludendo con alcune indicative ipotesi di azioni da attuare in tempi possibilmente brevi.

Nei giorni successivi proseguono le riunioni e le verifiche sul campo per approfondire le situazioni che presentano aspetti controversi per quanto concerne l’organizzazione e l’efficienza.

Nel giro di approssimativamente tre settimane vengono identificati i punti critici dell’organizzazione operativa, le cause che li hanno generati (incluse quelle della tempistica insufficiente per l'avvio della struttura) ed i possibili interventi correttivi.

Per questa commessa l'azienda che mi aveva assunto si era consorziata con una altra società di ingegneria italiana di medie dimensioni e con quota di minoranza, la quale aveva posto in marcia la struttura operativa e l’avvio dei lavori della progettazione, oggetto del contratto.

Visti i risultati iniziali non del tutto soddisfacenti, penso che la direzione societaria abbia deciso che il p.m. risieda in Turchia e che sia necessario incrementare il personale, sia tecnico che gestionale, della società sponsor.

Dire quali sono stati tutti gli interventi attuati dallo staff incaricato della riorganizzazione, diventerebbe per il lettore una cosa particolarmente monotona e pesante, quindi mi limito ad indicare almeno quelli più significativi, al fine di dare un quadro dell’entità del lavoro portato avanti: organigramma ufficiale, orario effettivo di lavoro (visto che molti espatriati avevano il proprio orario personalizzato), razionalizzazione della forza lavoro, ridistribuzione organica degli uffici sui cinque piani del fabbricato, introduzione delle procedure e dei regolamenti, controllo delle attività esterne...

Tutto ciò ha creato un discreto malumore in quelle persone alle quali era stato rotto il loro statu quo di comodo.

Qualche tempo dopo il p.m. mi informa che al momento opportuno lui rientrerà presso la sede in Italia mantenendo l’incarico di project manager, mentre qui presso la branch in Turchia verrà supportato dall'ingegnere C. con esperienza di cantieri esteri, che io, a suo parere, dovrei conoscere, ma che in realtà non conosco, non avendo fatto quel cantiere in Algeria. Lui, il p.m., invece, verrà qui in visita periodicamente o quando necessario.

 

 

Messa quasi a regime la situazione degli uffici, si rendeva necessario intervenire sui servizi generali gestiti dal personale turco. Per fare questo occorrevano almeno due persone locali di fiducia, possibilmente conosciute.

Dove trovarle queste persone? Una sera, tornando a casa, mi sono ricordato che il direttore amministrativo della diga di Sir in costruzione è un mio amico, e che dopo Karakaya era passato a questo nuovo cantiere.

Lo contatto telefonicamente, gli spiego la mia esigenza e fissiamo per il sabato corrente un incontro in cantiere, che dista da Adana più di 250 km.

E’ così che al mattino presto, insieme all’autista, ci siamo messi in viaggio per raggiungere Sir Baraji dopo circa tre ore.

All’incontro con i vecchi amici ex di Karakaya seguono: conoscenza di nuove persone, visita al cantiere, pranzo in mensa, definizione questione del personale che si conclude con la disponibilità di due valide persone.

Nei giorni successivi Salih e Orhan, che tra l'altro parlano italiano, vengono assunti dal nostro consorzio alle mie dipendenze: il primo ai servizi generali degli uffici e agli acquisti, mentre il secondo ai servizi delle guest-house.

 

Fino a quel momento ci eravamo occupati, come da priorità stabilita, della riorganizzazione degli uffici e del personale sia turco che espatriato che qui lavorava, non trascurando però, nel frattempo, di individuare i punti critici delle guest-house.

Pertanto, dopo pochi giorni vengono esposti al p.m. i primi interventi pensati per questa area: razionalizzare gli acquisti; realizzare una camera fredda per l’ottimale conservazione dei cibi freschi; introduzione del menù settimanale; ampliamento della lavanderia sia come attrezzatura sia come personale; inserimento nella cucina di un nuovo cuoco, ex del cantiere di Karakaya oltre a due aiutanti cuochi; incremento del personale di sala con un nuovo cameriere, oltre a quello delle pulizia locali e camere; miglioramento dei saloni relax: tv, lettura, giochi. Il tutto coordinato da Orhan, sotto la mia supervisione.

Avendo avuto il completo benestare del p.m., si inizia subito ad operare anche a questo nuovo progetto che, grazie anche alla fattiva collaborazione degli addetti, si realizza in modo soddisfacente nell’arco di poco più di un paio di mesi.

 

L’arrivo dell’ing. C. ha contribuito non poco a dare un decisivo impulso alla fase di ristrutturazione della filiale estera, che all’inizio dell’estate si può considerare positivamente quasi conclusa. Dico quasi perchè una organizzazione è sempre tendenzialmente migliorabile.

La conferma di questa affermazione è la riunione pianificata dal Project Manager, durante la quale si dà atto della necessaria ristrutturazione organizzativa realizzata in tutti i settori della branch, concludendo che, da quel momento in avanti, qualsiasi intervento che si volesse o si dovesse apportare alla struttura, risulterebbe decisamente più semplice, in quanto si partirebbe da una base razionalmente strutturata, organizzata ed efficiente.

La risistemazione ha avuto come punto focale il personale, che ha potuto così operare in gruppi di lavoro omogenei, con chiare disposizioni di compiti e responsabilità e con le migliori dotazioni e strumenti che il mercato forniva, oltre a quelli direttamente importati in temporanea dall’Italia. Gradualmente sono stati ridotti gli orari di lavoro, istituendo pure il sabato pomeriggio libero. E’ stata introdotta la politica del merito sia per il personale espatriato e sia per quello turco, al quale, inoltre, lo stipendio è stato portato ai livelli alti di mercato.

 

Gli espatriati hanno potuto beneficiare di una sistemazione ad alto livello e con servizi ottimali, oltre ad una cucina che avrebbe potuto competere con quella dei migliori ristoranti. La messa a disposizione di tutte le nostre autovetture e, se necessario, anche di alcune in affitto, permetteva loro di muoversi gratuitamente e in completa libertà nei fine settimana e nelle festività.

In certe particolari ricorrenze venivano organizzate nel salone della guest-house n° 1 delle belle feste con la partecipazione anche di tutto il personale turco e di amici esterni al consorzio.

Una di queste feste che ricordo con piacere è quella di carnevale dove tutti i partecipanti dovevano presentarsi mascherati.

Io non ero particolarmente portato a partecipare, preferivo organizzare ed assistere, ma quella volta ho accettato l’idea di una collega: io mi sarei travestito da donna di facili costumi e lei da uomo. Tutto risultò facile, salvo quello di nascondere i baffi. Ci siamo mascherati così bene che al nostro arrivo i presenti hanno faticato non poco a riconoscerci. E’ stata una festa veramente ben riuscita e con molta partecipazione.

Comunque le maggiori attività diversive degli espatriati erano le gite in piccoli gruppi, specie in Cappadocia, verso le maggiori località turistiche e verso gli innumerevoli siti archeologici e storici del paese. D'estate, invece, era il mare la maggiore attrazione, specie nella zona di Karataş, distante circa 50 km., ma anche più lontano, a 150 km. nel complesso turistico di Kizkalesi.

Alcuni passavano qualche fine settimana nel convento dei frati cappuccini di İskenderun, l'antica Alesandretta; altri a casa di amici americani della base militare aerea di Incirlik; altri ancora uscivano con amici turchi, e così via.

Chi decideva di rimanere in città, sicuramente non si annoiava in quanto Adana era in grado di offrire tutto quello che uno poteva desiderare: negozi (dal bazar ai centri commerciali più alla moda); ritrovi (dal chiosco al bar più lussuoso); ristorazione (dal cibo di strada ai ristoranti di elevato livello internazionale). Questo senza contare  cinema, teatri, musei, discoteche, casinò, parchi e aree attrezzate per il relax a contatto con la natura, e così via.

Si è lavorato duro, ma nel contempo si aveva anche parecchio spazio per noi stessi.

Senza ombra di dubbio, personalmente posso affermare che questa è stata la mia migliore permanenza estera, sia sotto l'aspetto lavorativo sia sotto quello di vita.

Qui ho avuto degli ottimi collaboratori locali e qui ho stretto forti e sincere amicizie con persone turche, amicizie che a distanza di  trent’anni da che ho lasciato quel paese, perdurano tuttora nonostante la lontananza fisica e temporale. Anche alcune amicizie fra il personale italiano sono rimaste vive in tutti questi anni.

Ho fatto dei sacrifici, ma ho avuto anche parecchie soddisfazioni.

 

All'inizio dell'estate del 1989 ho cambiato la mia sistemazione abitativa lasciando la guest-house per trasferirmi in un appartamento di un piccolo palazzo di due piani, situato a circa cinquecento metri dalle strutture del Consorzio.

Io risiedevo al secondo piano, mentre al primo abitava il proprietario dell’immobile. L’appartamento, semplice, però molto spazioso e luminoso, completamente arredato e attrezzato, possedeva anche un ampio balcone attorniato da una folta vite.

Le ragioni del cambio sono state determinate dal bisogno di poter comodamente ospitare i miei figli nei periodi delle loro vacanze, mentre a livello personale dall’esigenza di avere un'indipendenza dalla struttura gestita. Qui sono rimasto fino alla conclusione del lavoro.

 

A proposito di estate ricordo un fatto che mi è capitato un sabato pomeriggio in cui avevo deciso di andare a farmi un bel bagno al mare, ma avevo lasciato la macchina fotografica in ufficio.

Dopo pranzo mi vesto da turista marino: maglietta, costume da bagno, pantaloni corti e sandali e vado verso gli uffici. Parcheggio l'auto nei posti a noi riservati, salgo le scale del palazzo per fare un po’ di sano movimento.

Giunto al quarto piano, appena imbocco la rampa per il piano superiore una secchiata d'acqua maleodorante mi colpisce in pieno e una voce esclama "Affedersiniz!!, Affedersiniz!!" (Mi scusi! Mi scusi!).

Superato lo sbalordimento iniziale, mi rendo conto che l'addetto delle pulizie del palazzo, non accorgendosi della mia venuta, aveva buttato, come consuetudine, un secchio d’acqua con candeggina e probabilmente anche altri detergenti allo scopo di lavare la rampa delle scale.

Stupefatto dell'accaduto, inzuppato e puzzolente di candeggina, non sapevo che dire e che fare, ma una risata mi è venuta spontanea, come se il mio subconscio avesse visto la scena dall'esterno. La conseguenza fu che l'addetto alle pulizie, se prima era solo dispiaciuto, ora era anche perplesso e imbarazzato.

Per tranquillizzarlo, estraggo con le mani bagnate dalla tasca posteriore dei pantaloni un pacchetto di sigarette americane e gliele offro a gesti perchè non conosco il turco. Lui estrae una sigaretta dal pacchetto e l'accendino dalla sua tasca facendomi cenno che intende accendere prima la mia sigaretta. Quindi pure io ne prendo una, lui accende prima la mia e poi la sua. Faccio segno di offrirgli il pacchetto che lui accetta battendosi la mano sul cuore in segno di particolare ringraziamento. Lo saluto con cordialità.

Salgo nel mio ufficio, prendo la macchina fotografica e scendo con l'ascensore. Non si sa mai! Uscendo in strada la gente mi guarda in modo strano.

Arrivato a Tuzla, mi butto in mare vestito come sono con la speranza di annullare l'odore della candeggina. Esco dall'acqua, metto i vestiti ad asciugare sul tetto dell'auto, stendo il telo sulla sabbia e mi distendo al sole. Dopo un’ora circa riparto e torno a casa profumato... di mare, ma senza aver scattato una fotografia.

 

Nel mese di giugno del 1990, portate a termine le principali e più complesse operazioni di chiusura della filiale di Adana, dopo l’ultimazione della progettazione esecutiva dell’autostrada, devo rientrare in Italia per essere destinato ad altro incarico.

Ad Adana sarebbero rimaste solo poche persone: il mio amico G. per l’ultimazione dei claims e per il coordinamento, tre o quattro tecnici per dare il supporto finale all’impresa, tre segretarie turche, una addetta ai servizi e due amministrativi, uno italiano e l’altro turco.

 

A metà giugno del '90 rientro quindi in Italia con l’intenzione di fare qualche giorno di vacanza insieme ai miei figli, prima di iniziare una nuova attività lavorativa in patria.

Addio Adana, addio Turchia!... Macché, arrivederci!

Dopo tre settimane circa sono, infatti, di ritorno per risolvere una serie di problemi insorti dopo la mia partenza e chiudere definitamente il Consorzio.

 

Questa ultima fase lavorativa, che non è stata priva di sorprese e imprevisti, e che è durata fino al mese di maggio del 1991, l'ho già raccontata in uno dei precedenti eBook e, se vi interessa, la potete leggere qui:

https://www.giulianobarbonaglia.info/estero/adana/altri-incerti-del-mestiere/ ,

mentre nella pagina anteriore del sito potete vedere, tra l'altro, tutte le immagini della festa in maschera del carnevale del 1990.

 

Quel periodo di vita e di lavoro ad Adana mi si è dettagliamente fissato nella memoria, proprio perché vissuto intensamente e in modo positivo e soddisfacente. Pertanto, mi è stato molto facile far riemergere anche dettagli meno importanti da essere raccontati.

Devo però ammettere, contrariamente a quanto evidenziato all'inizio, che scrivendo questa storia, spesso sono stato preso dalla malinconia e dall'emozione. Ma c'è una attenuante: questo non era un lavoro svolto in un cantiere di costruzione all'estero, ma un lavoro di progettazione di un'autostrada in corso d'opera, durante il quale ho potuto resiedere in una grande, bella e moderna città turca.

Le due situazioni sono molto distanti tra loro, non tanto per il lavoro, quanto, invece, per il tipo di vita che si conduce e per le interazioni tra le persone.

La vita sociale in un villaggio di cantiere negli anni '80, al di là delle apparenze e formalità, era parecchio sterile e superficiale e con la spiccata tendenza alla formazione di gruppi chiusi dalle più disparate origini. Questi gruppi precostituiti generavano non poca difficoltà a comunicare e ad instaurare buoni e disinteressati rapporti interpersonali, già in genere limitati ai soli residenti del villaggio. Il fatto, poi, di dover risiedere praticamente gomito a gomito, non favoriva certamente la possibilità di poter vivere in autonomia, serenità e libertà. Tutto era infatti condizionato sia dalle persone sia dalla politica dell’impresa, non sempre illuminata.

Operare in una struttura in una città come Adana, come sopra descritto, invece, poteva considerarsi simile al lavoro in una grande città italiana, con in più il vantaggio economico, logistico e pratico del totale supporto dell'azienda.

Al termine della giornata lavorativa turca ognuno, poi, era libero di gestirsi la propria vita in piena autonomia. Era questo a fare la differenza!

 

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Lunedi, 29 marzo 2021

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