IO, LEO, LA MIA STORIA

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► IO, LEO. LA STORIA DELLA MIA VITA.

IO, LEO desidero raccontare la storia della mia vita, abbastanza breve ma intensa.

Lo voglio fare attraverso il mio grande amico umano, Lui.

Noi parliamo linguaggi diversi ma ci capiamo molto bene: quando Lui mi parla io lo ascolto attentamente guardandolo negli occhi e comprendo quello che mi vuole dire; lo stesso avviene quando parlo io o semplicemente quando lo guardo negli occhi. Lo stesso capita anche con Lei.

 

 

La mia vita, o meglio i miei primi quattro anni di vita, non sono stati certamente facili.

Sono nato in una colonia felina. Mio padre non l'ho conosciuto e mia madre è morta troppo presto. Mi sono, quindi, trovato piccolo, solo e orfano.

Nessuno mi insegnava come vivere e cosa fare per vivere. Di conseguenza ho iniziato a guardare e imitare i comportamenti degli altri felini.

 

Piano piano sono cresciuto e mi sono irrobustito fisicamente anche grazie agli aiuti, purtroppo non sempre regolari, di alcune signore che fornivano la colonia di acqua, cibo e scatole di cartone per ripararci dalle intemperie.

Ho imparato a difendermi dai miei simili aggressivi. Ho imparato a cacciare piccoli animaletti anche per completare l'alimentazione perchè nelle case vicine alla colonia non ero ben accetto.

Allora non avevo un nome, alcuni umani mi chiamavano 'gatto', altri 'gattaccio', altri ancora 'vaivia' e tanti altri nomi.

Un giorno, appena compiuto i 4 anni, mi sono fortemente ammalato. Con la faccia tutta gonfia, lamentandomi per il forte dolore cercavo aiuto ma nessuno mi voleva aiutare. Tutti mi cacciavano via.

Demoralizzato, affamato e sempre più dolorante mi avvicinai a una casa con un lungo balcone. Salii la breve scala, presi coraggio e dal pianerottolo saltai sul balcone.

Attratto dai miei lamenti, finalmente, apparve Lui. Si avvicinò. Io ero diffidente visto le precedenti esperienze con certi umani. Lui con dolcezza disse - "Come stai Gigi? Che ti succede? Vieni qui vicino"-; con cautela accennò una accarezza e io ridussi un pò la diffidenza e il timore. Poi si avvicinò anche Lei cercando di accarezzarmi ma io istintivamente mi ritrassi, perchè a quei tempi ero ancora selvaggio e molto diffidente. Poi Lei mi offrì un ottimo cibo e con pazienza e intraprendenza riuscì, senza che io la graffiassi, a farmi inghiottire anche l'antibiotico. Questo trattamento durò per diversi giorni fino a quando ritenne che io fossi guarito.

Nel frattempo, man mano passavano i giorni, mi sentivo sempre meglio e sereno. A un certo momento presi la decisione di entrare in casa. Da quel momento sono stato adottato, ma per diventare 'domestico' c'è voluto parecchio tempo ancora.

 

Appena ristabilito mi misero a fatica in una gabbietta, dalla quale cercai invano di rompere la porticina per scappare. Salimmo in auto, ero tanto spaventato perchè era la prima volta. Mi portarono dalla veterinaria che mi visitò completamente, mi fece tutti gli esami del sangue e delle feci, mi fece tutte le vaccinazioni possibili e tanti altri trattamenti oltre a un intervento chirurgico. Si scoprì così, tra l'altro, che avevo l'HIV felina e la leucemia: questo non aiutava certamente a vivere a lungo, forse ancora un anno.

A casa, poi, per diversi giorni dovetti prendere un'ampia serie di medicamenti.

 

Da questo momento iniziò la seconda parte della mia vita, quella serena e felice.

Nella casa vivevano già altri esseri non umani: il cane Pedro recentemente adottato in Spagna per salvarlo dalla soppressione, il gatto Biko trovato da Lei in una scatola sotto la pioggia, dove era stato buttato appena nato e, infine, la gatta Greta che era entrata in casa ammalata molti anni prima, ancora piccolina, dopo che erano morte la mamma e la zia. Tutti insieme, specie con Biko, formammo presto un affiatato gruppo di animali domestici.

Qui mi sembrava di essere in un luogo meraviglioso. Le mie giornate trascorrevano felici: un pò in giardino, un pò nell'orto, un pò nel prato, un pò all'inizio del bosco e parecchio tempo in casa. Ottimo cibo, buonissimi croccantini, gustoso umido e ... tante carezze.

Altre volte sono stato portato dalla veterinaria per essere curato da situazioni più o meno gravi, come quella volta che sono tornato a casa con una mascella aperta. La causa di questa dolorosa ferita fu una volpe che mi aggredì alle spalle al limitare del bosco; mi azzannò al viso ma io lottai con le unghie e coi denti per difendermi e sfuggire alla presa.

Per il mio carattere e per il mio coraggio Lui mi chiamò 'Leo'. Finalmente avevo un nome e ne ero orgoglioso!  Quando ero fuori casa mi faceva tanto piacere essere chiamato Leo e, per riconoscenza, tornavo subito a casa.

Lui aveva molte attenzioni per me. Mi parlava e mi accarezzava. Ci siamo reciprocamente affezionati fin da subito e spesso condividevamo le nostre esperienze e il nostro tempo.

Quando catturavo qualche animaletto, specie ghiri, uccellini e topolini, li portavo subito a casa sul terrazzo e lo chiamavo per mostrargli le prede; dopo averle viste e apprezzata la mia bravura come cacciatore, iniziavo il pasto.

Lo seguivo nei suoi lavori in giardino, nell'orto, nel bosco. Mi sdraiavo lì vicino e aspettavo che avesse finito o che venisse a riposarsi accanto a me.

Abbiamo fatto lunghe passeggiate nel bosco dietro casa, davanti camminava Pedro, il cane, poi lui e quindi io dietro. Arrivati a una radura, che a noi piaceva molto, ci sdraiavamo tutti tre sull'erba o sulle foglie a riposare. Sulla strada del ritorno, se mi vedeva stanco, mi prendeva in braccio.

Alla sera, specie in inverno, attendevo con impazienza che Lui accendesse il camino per poi sedersi in poltrona a guardare i vari telegiornali e dibattiti. A quel punto rapidamente salivo sulle sue ginocchia, mi sdraiavo e infilavo la testa sotto il braccio e Lui mi stringeva forte a se. Se, invece era al computer, io salivo sulla scrivania e mi sdraiavo lì accanto.

Anche i vicini di casa, specie i bambini, mi volevano bene e a me faceva piacere ricevere le loro carezze.

E tante altre belle situazioni comuni fino all'età di otto anni e mezzo, tre anni in più di quanto i veterinari avevano indicato.

 

Nove giorni giorni fa, sabato, mentre in giardino mi scaldavo al tiepido sole, un forte dolore, come un fulmine, attraversò tutto il mio corpo. Mi spaventai molto perchè non capivo cosa mi stesse succedendo e perchè non riuscivo più a muovermi. Non so quanto tempo rimasi così paralizzato. Con tutta la forza che ancora avevo in corpo, cercai di raddrizzarmi ma le gambe non reggevano. Avevo pure un forte dolore alla testa. Finalmente dopo faticosi tentativi riuscii a mettermi in piedi, ma le gambe posteriori erano rigide. Lentamente mi trascinai fino alla porta di casa. Rimasi lì sdraiato e sfinito fino al momento in cui Lui e Lei, non rispondendo ai richiami di andare a mangiare, uscendo per cercarmi, mi trovarono lì inerte, disteso sullo zerbino. Mi sollevarono con cura e delicatezza e mi portarono in casa, accorgendosi subito delle mie condizioni, ipotizzando cosa potesse essermi successo.

Verso sera, visto che non miglioravo e visto che non si trovava un veterinario in zona, decisero di portarmi in una clinica distante un'ora e mezza di auto da casa, dove diagnosticarono che la situazione era la conseguenza di un trauma. Ritornammo a casa in piena notte.

Il giorno dopo, domenica, la situazione peggiorava, ma non fu possibile trovare un veterinario.

Finalmente lunedì mattina Lei mi portò in un'altra clinica, dove, dopo approfondite analisi. venne diagnosticato un grave attacco di leucemia al cervello e a altri organi. La situazione era decisamente preoccupante.

Loro cercano di fare tutto il possibile per curarmi al meglio, ma il mio fisico non reagisce.

Da alcuni giorni, infatti, ho le convulsioni, non riesco mangiare e bere, non riesco a prendere le medicine che Lei amorevolmente cerca di darmi, vomito. Sto male, mi sento molto debole. A fatica apro gli occhi per guardare lui che mi sta accarezzando, ho la vista appannata ma lo vedo piangere. Mi stringe forte a se. Mi sento molto amato e mi da coraggio.

 

 

..... – Ora, però, devo purtroppo andare...! – gli dico con estrema fatica e con un filo di voce.

  

– — ₪ — –

 

Infatti, poco più tardi, alle 18:22 del 28.11.2022 Leo si è spento tra le braccia di Lei, Cristina, anche lei travolta dal dolore per questa perdita.

 

 

- "Ora carissimo Leo il tuo spirito è in paradiso mentre il tuo povero corpo è tumulato in un angolo di quello che è stato il tuo giardino, il luogo dove hai passato tanti bei momenti, proprio sotto la finestra del salotto.

Ogni mattina aprendo le persiane il primo pensiero corre a te" - .

 

 

Tutti gli animali di casa con la loro sensibilità naturale hanno partecipato intensamente alle sofferenze di Leo e alla sua fine.

Biko, il gatto dal pelo rossiccio, il giorno successivo ha cercato disperatamente dentro e fuori casa il suo amico. Per una decina di giorni è caduto in una specie di stato malinconico: si isolava, non voleva uscire, non voleva mangiare e passava la giornata disteso sulla poltrona.

 

 

𝔸𝕕𝕕𝕚𝕠 𝕃𝔼𝕆, 𝕤𝕡𝕚𝕣𝕚𝕥𝕠 𝕝𝕚𝕓𝕖𝕣𝕠!

Sei nato libero e selvaggio fino al giorno in cui, quattro anni fa, ti sei presentato alla nostra porta molto dolorante per un grave ascesso. Appena ci siamo visti è nato tra noi un profondo affetto.

Ti abbiamo curato in tutto e per tutto perchè eri molto ammalato.

Siamo diventati grandi amici. Eri un gatto speciale. Insieme abbiamo fatto tante belle cose.

Dieci giorni fa una forte crisi di leucemia, che era latente, purtroppo ti ha reso inabile con tante complicazioni e sofferenze. Le cure immediatamente intraprese non sono state in grado di salvarti. Non meritavi una fine così!

Secondo la medicina dovevi vivere solo cinque anni, ma con l'affetto di tutti noi la tua vita si è conclusa tre anni e mezzo più tardi.

Profondamente addolorato per la tua scomparsa ti auguro un buon viaggio fino al paradiso.

Grazie a Cristina che in questi ultimi giorni ti ha curato con affetto, dedizione e competenza.

28 Novembre 2022 – H. 18:22

  

 

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LEGGENDA DEL PONTE ARCOBALENO (tratta dal web - Immagine: http://www.cats.org.uk)

 

 

Quando un animale che è stato particolarmente vicino a qualcuno muore, si dice che vada sul Ponte dell’Arcobaleno.

Al di là del ponte ci sono prati e colline, cosicché essi possono correre e giocare insieme felici e spensierati con cibo ed acqua in abbondanza. Tutti gli animali che erano malati o vecchi riprendono salute e vigore, così come quelli a cui è stato fatto del male o che si sono feriti una volta superato il ponte si sono rimessi in sesto.

Gli animali sono sereni e contenti, eccetto che per una piccola cosa: coloro che hanno lasciato sulla terra un umano amato non sono completamente felici.

Aspettano, puntando sovente lo sguardo verso il ponte dell’arcobaleno in attesa che il loro umano un giorno si presenti sul ponte, e possano finalmente ricongiungersi camminando insieme per l’eternità.

 

 

 

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Commenti: 5
  • #5

    Aristide T. (lunedì, 15 maggio 2023 01:08)

    Ho letto il racconto: bello, interessante e commovente. Mi complimento per lo scritto.
    Pure noi, alcuni anni fa, abbiamo perso la nostra gatta Fuffi.
    Abbiamo sofferto molto, ma non abbiamo più avuto altri gatti.

  • #4

    Giovanna R. (sabato, 04 febbraio 2023 22:30)

    Racconto molto originale, bello e pieno di sentimento.
    Povero Leo!

  • #3

    Giuliano Barbonaglia (sabato, 17 dicembre 2022 20:22)

    Renata condivido totalmente quello che hai scritto.

  • #2

    Renata (sabato, 17 dicembre 2022 17:28)

    Racconto originale e molto commovente. Ne ha passate tante, povero Leo, la sua vita è stata piena, avventurosa, ma è stato molto fortunato per aver ricevuto e dato tanto affetto.

  • #1

    Francesco (giovedì, 15 dicembre 2022 16:39)

    Commovente!

Pagina realizzata il 15.12.2022